Studio Legale Rizzo | Anatocismo bancario: la Corte d’Appello di Firenze ribadisce la necessità di specifica pattuizione ai fini dell’adeguamento dei contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000
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Anatocismo bancario: la Corte d’Appello di Firenze ribadisce la necessità di specifica pattuizione ai fini dell’adeguamento dei contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000

Anatocismo bancario: la Corte d’Appello di Firenze ribadisce la necessità di specifica pattuizione ai fini dell’adeguamento dei contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000

In una causa patrocinata dallo Studio, la Corte di Appello di Firenze ha ribadito l’ormai consolidato orientamento in materia di anatocismo, secondo cui «[i]n ragione della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, del d.lgs. n. 342 del 1999, le clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 sono radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dal comma 2 dell’art. 7 della delibera del CICR teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, sicché in tali contratti, perché sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione formulata nel rispetto dell’art. 2 della predetta delibera» (Cass. n. 9140 del 2020).

Dunque, ai fini del valido adeguamento alla citata delibera CICR del 09/02/2000 dei contratti di conto corrente in essere alla data di entrata in vigore di detta delibera è necessaria la specifica pattuizione scritta della clausola corrispondente e, quindi, l’espressa accettazione, da parte del correntista, della clausola che, in ossequio a detta delibera, contiene la facoltà di capitalizzazione con pari periodicità degli interessi a credito e di quelli a debito, non essendo valide e sufficienti altre forme di adeguamento come, ad esempio, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di appositi annunci ovvero l’invio di semplici comunicazioni ex art. 118 TUB.

In primo grado, la società correntista, assistita dal nostro studio, aveva citato in giudizio la Banca lamentando l’appostazione di una serie di oneri economici illegittimi sul conto corrente acceso presso la Banca medesima.

Il giudizio si era concluso con sentenza favorevole, con la quale il Tribunale aveva ordinato la cancellazione dal conto corrente delle poste illegittime, rideterminando il saldo del conto in €. 42.084,86 a credito della correntista.

Contro la sentenza la Banca ha proposto appello, che è stato rigettato in toto dalla Corte, la quale, oltre alla sopra accennata questione in materia di anatocismo, si è altresì pronunciata su ulteriori temi rilevanti in ambito bancario, ed in particolare:

  • In tema di prescrizione, ha ribadito l’ormai consolidato orientamento di legittimità secondo cui, per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre, all’esito della declaratoria di nullità da parte dei giudici di merito delle clausole anatocistiche, previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall’istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest’ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento;
  • Ha confermato la nullità per indeterminatezza dell’oggetto della clausola che prevede l’applicazione della commissione di massimo scoperto nel caso in cui venga indicata la percentuale ma non i criteri di calcolo;
  • Ha confermato la statuizione di primo grado con la quale era stata dichiarata illegittima l’applicazione del regime di antergazione e postergazione della valuta in mancanza di pattuizione scritta, in quanto «non sono legittimi i tassi di interesse, le previsioni di costi o commissioni e la disciplina della postergazione delle valute di accredito che non siano previsti espressamente e per iscritto dalle parti con analitica determinatezza e senza rinvio a clausole “su piazza” o equivalenti» (Cass. n. 9695 del 2011).

 

Puoi scaricare il testo integrale della sentenza al seguente link: Sentenza CdA Firenze

 

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